Intervista di Valentina Murelli al dott. Alfredo Vannacci nell’ambito dell’articolo “La Medicina è Dolceâ€, L’Espresso 29.12.09
Il passaparola gli aveva garantito un enorme successo. Chi lo prendeva per abbassare la pressione otteneva in genere ottimi risultati. Parliamo di un liquore a base vegetale contenente olivo, biancospino, fumaria e borsa del pastore, venduto come coadiuvante per la terapia dell’ipertensione. Un rimedio che funzionava pure troppo rispetto alla composizione e che in alcuni casi ha provocato effetti collaterali importanti. «Quando abbiamo analizzato alcuni lotti del prodotto abbiamo scoperto che contenevano reserpina, una sostanza che è sì di origine vegetale, ma è registrata come farmaco», racconta il medico tossicologo Alfredo Vannacci dell’Unità di Farmacovigilanza dell’Università di Firenze.
La pianta da cui è estratta la reserpina (Rauvolfia serpentina) sta nell’elenco
di piante di cui è vietato l’uso in integratori alimentari. «Dopo la segnalazione, i tecnici del Ministero della salute hanno rilevato che l’etichetta del prodotto da loro registrata conteneva una pianta in più rispetto a quella presente sulle boccette in commercio: la Dissolena verticillata, che non compare tra le piante vietate, e che non conoscevamo», ricorda Vannacci. Si è poi scoperto che si trattava di un’antica denominazione della stessa Rauvolfia. Insomma, la pianta era stata dichiarata (al Ministero e non in etichetta), ma con un un nome desueto che le aveva permesso di sfuggire ai controlli. Da aprile il prodotto è sul mercato con una nuova formulazione con vischio quercino al posto della Rauvolfia, che sembra però meno efficace di un tempo, almeno secondo i commenti degli utilizzatori su alcuni forum online.
Qualcosa di simile (efficacia sopra l’atteso e qualche effetto collaterale) era successo nel 2008 con un altro integratore alimentare a base di agnocasto, partenio e artiglio del diavolo, indicato per mal di testa, dolori mestruali e dolori muscolo-scheletrici: i ricercatori fiorentini hanno scoperto che conteneva l’antinfiammatorio nimesulide. Per il produttore la responsabilità sarebbe dei fornitori di erbe, che avrebbero consegnato merce adulterata: un aspetto sul quale sta indagando la Procura di Torino. Secondo Vannacci, l’insegnamento da trarre è semplice: «Le piante possono fare molto, ma hanno dei limiti. Se ci si imbatte in prodotti con effetti sorprendenti è bene accendere un campanello d’allarme».
Non sempre, tuttavia, il pericolo viene da intrusi nascosti. Sempre a Firenze ci si sta ora occupando di un integratore alimentare a base di olio di fegato di merluzzo, ricco in vitamine A e D. «Abbiamo ricevuto la segnalazione di persone colpite da gravi danni renali causati da un eccesso di vitamina D e che avevano assunto, a volte per lungo tempo, questo integratore», racconta Vannacci. «Qui il problema è duplice. Da un lato è davvero difficile definire con precisione la quantità di vitamine presenti in un estratto naturale, per cui chi lo assume non sa mai esattamente quante ne sta prendendo. Dall’altro, sarebbe bene che assunzioni prolungate di vitamine che possono accumularsi nell’organismo (come A, D, E e K) avvenissero sotto stretto controllo medico e non dietro il consiglio di figure non qualificate».