Il tè verde è una bevanda utilizzata in Medicina Tradizionale Cinese da millenni per le sue proprietà salutistiche.
Alle attività tradizionali, la moderna ricerca preclinica e clinica ha aggiunto numerosi dati epidemiologici e di laboratorio che confermano l’interessante profilo di efficacia dell’infuso di foglie fresche o secche di Camellia sinensis, non tostate né fermentate, noto in Cina col nome di lu cha.
La storia del tè
Esistono molte leggende che narrano la scoperta del tè verde come bevanda, una di queste racconta che Bodhidharma, il leggendario patriarca del buddismo Chan (Zen in giapponese), colui che avrebbe introdotto in Cina questa religione proveniente dall’India, fosse solito meditare all’esterno di un monastero. Un giorno, avendo ceduto al sonno durante la sua meditazione, si strappò le palpebre, in modo da costringersi a restare sveglio e nel luogo dove le aveva gettate nacque la prima pianta del tè. La leggenda è significativa perché sottolinea una delle attività principali di questa bevanda, ovvero la sua proprietà stimolante, in grado di aumentare la capacità di mantenere l’attenzione.
Un’altra leggenda fa invece risalire la scoperta del tè al mitico imperatore Shen Nong (a cui è attribuito il primo erbario della MTC), intorno all’anno 3000 a.C. Si racconta che un giorno Shen Nong riposasse seduto ai piedi di un albero di modeste dimensioni e che avesse al suo fianco una tazza di acqua calda da bere. Per caso alcune foglie caddero dai rami di quell’albero e finirono nella tazza dell’imperatore, il quale, bevendo casualmente l’infuso, lo trovò delizioso e tonificante. Queste due azioni classiche (tonico e stimolante), ben note oggi anche in Occidente, sono solo una parte delle 24 attività terapeutiche che vengono ancora attribuite al tè verde in Medicina Cinese; nel Cha Jing (Il Classico del Tè), la cui più recente compilazione risale al 1992, tra le altre sono riportate proprietà quali: calmare la mente, rischiarare la vista, portare l’Acqua verso il basso (azione diuretica), purificare il Calore (azione antinfiammatoria), dissolvere l’Umidità (azione diuretica e mucolitica), sciogliere il grasso (azione termogenica), tonificare il qì (azione tonica stimolante), favorire la longevità (azione preventiva su molte patologie).
Tè verde e ricerca medica
A queste attività tradizionali, tramandate e validate dall’esperienza millenaria di generazioni di medici cinesi, la ricerca moderna affianca una notevole serie di studi sperimentali, clinici ed epidemiologici che ne confermano l’efficacia in molte indicazioni. Ad esempio, un recente studio di popolazione su una coorte di circa 75.000 donne cinesi, ha mostrato come le donne che avevano iniziato a bere tè verde prima dei 25 anni di età , mantenendo poi un consumo abituale della bevanda nel corso della loro vita, presentassero un rischio relativo di sviluppare una neoplasia mammaria premenopausale ridotto del 30%, rispetto alle non bevitrici di tè. Le proporzioni si invertivano nel periodo post-menopausale, a dimostrazione che l’assunzione del tè non previene l’insorgenza della neoplasia (che presenta per altro una forte componente genetica), ma ne ritarda significativamente l’esordio (1). Effetti protettivi sono stati inoltre dimostrati, con differenti livelli di evidenza, su altre patologie neoplastiche, in particolare dell’apparato gastroenterico (esofago, stomaco, colon-retto), ma anche a livello ematologico o urogenitale (2).
Il campo nel quale però il tè verde si è dimostrato veramente promettente, è quello della prevenzione cardiovascolare (3). La bevanda infatti, assunta in dosi cospicue per un sufficiente periodo di tempo (si parla almeno di 3-5 tazze da 70-90 ml al giorno per un minimo di 3 anni) è in grado di modificare significativamente la prognosi cardiovascolare, diminuendo il rischio di ictus sia ischemico che emorragico (4), la mortalità cardiovascolare e la mortalità per tutte le cause (5).
Per quanto riguarda la ricerca preclinica relativa ai meccanismi che stanno alla base di questo effetto terapeutico, la gran parte delle azioni del tè verde è attribuita alla frazione polifenolica, in particolare alle catechine, di cui le foglie del tè sono ricche allo stato nativo, ma che si perdono con la tostatura (ad esempio nel tè bancha) o con la fermentazione (ad esempio nel tè nero). Tra le catechine, un importante ruolo (specialmente come antiossidante) è attribuito alla epigallocatechina-3-gallato (EGCG). Sulla base degli studi epidemiologici che dimostrano l’efficacia dell’infuso nel trattamento di gravi patologie mediche, e degli studi preclinici che attribuiscono alla EGCG una fondamentale azione nella produzione di questo effetto, l’industria farmaceutica ha tentato di replicare le attività benefiche del tè verde utilizzando prodotti concentrati con alte dosi di EGCG. Sorprendentemente, i risultati sono stati tutt’altro che positivi. In particolare i prodotti commerciali a base di EGCG contenenti dosi elevate di questo principio attivo (>300mg/die) hanno mostrato un potenziale epatotossico, messo in evidenza dai sistemi di farmacovigilanza e fitovigilanza in particolare in Francia ed in Spagna. A seguito dell’assunzione di un preparato a base di tè verde, particolarmente ricco in EGCG, della quale veniva sfruttato l’effetto termogenico a fini dimagranti, sono stati ad esempio segnalati diversi casi di epatotossicità (alcuni anche gravi), che hanno determinato il ritiro del prodotto dal commercio (6).
In conclusione, il viaggio del tè verde dalla tradizione secolare alla farmacoepidemiologia e alla farmacovigilanza moderne ci fornisce un esempio di come una bevanda (fitoterapico) tradizionale, dotato di grandiosi effetti preventivi e terapeutici se assunto con le modalità previste dalla tradizione, possa perdere i propri benefici se viene erroneamente ricondotta ad un singolo principio attivo concentrato (farmaco), che invece può risultare addirittura tossico. Tutto ciò sottolinea l’importanza per un sistema sanitario di possedere un servizio di farmacovigilanza specificamente dedicato alla sorveglianza delle reazioni avverse ai prodotti di origine naturale, coordinato e gestito da personale formato nel settore specifico della fitovigilanza.
Letture consigliate
- Vannacci A, Mascherini V, Farmacoepidemiologia e Farmacovigilanza in Fitoterapia Tradizionale Cinese. In Farmacologia Cinese, a cura di Sotte et al, Trattato di Agopuntura e Medicina Cinese (V vol), Casa Editrice Ambrosiana, 2010
Bibliografia
- Is green tea drinking associated with a later onset of breast cancer? Dai Q, Shu XO, Li H, Yang G, Shrubsole MJ, Cai H, Ji B, Wen W, Franke A, Gao YT, Zheng W. Ann Epidemiol. 2010 Jan;20(1):74-81.
Sturgeon JL, Williams M, van Servellen G. Efficacy of green tea in the prevention of cancers. Nurs Health Sci. 2009 Dec;11(4):436-46. - Hooper L, Kroon PA, Rimm EB, Cohn JS, Harvey I, Le Cornu KA, Ryder JJ, Hall WL, Cassidy A. Flavonoids, flavonoid-rich foods, and cardiovascular risk: a meta-analysis of randomized controlled trials. Am J Clin Nutr. 2008 Jul;88(1):38-50.
- Tanabe N, Suzuki H, Aizawa Y, Seki N. Consumption of green and roasted teas and the risk of stroke incidence: results from the Tokamachi-Nakasato cohort study in Japan. Int J Epidemiol. 2008 Oct;37(5):1030-40.
- Suzuki E, Yorifuji T, Takao S, Komatsu H, Sugiyama M, Ohta T, Ishikawa-Takata K, Doi H. Green tea consumption and mortality among Japanese elderly people: the prospective Shizuoka elderly cohort. Ann Epidemiol. 2009 Oct;19(10):732-9
- Mazzanti G, Menniti-Ippolito F, Moro PA, Cassetti F, Raschetti R, Santuccio C, Mastrangelo S. Hepatotoxicity from green tea: a review of the literature and two unpublished cases. Eur J Clin Pharmacol. 2009 Apr;65(4):331-4